Le storie che indossiamo

Indagare sull’origine delle parole serve a capire meglio il loro profondo rapporto con le cose. Le parole testo e tessuto, ad esempio, condividono la stessa radice: texĕre, tessere, intrecciare. In questo modo, comprendiamo che tessiamo storie con le parole così come tessiamo stoffe coi fili. Con i tessuti confezioniamo i vestiti che ci coprono, ci danno una dignità e dicono chi siamo e come vogliamo essere visti. Con le storie, invece, capiamo il mondo, spieghiamo le nostre idee e raccontiamo le nostre vite agli altri. Sia i testi che le parole ci vestono di significato.

La realtà di ognuno di noi è fatta di racconti con i quali proviamo a capire il mondo. Perciò, chiunque sia capace di estrarre un filo chiaro dalla matassa aggrovigliata e complessa della realtà ha per noi un’importanza fondamentale. Educatori, amici, esperti e mezzi di comunicazione semplificano il mondo per noi e ci aiutano a comprenderlo.

Non è strano, pertanto, che il potere delle storie lo conosca bene chi di potere se ne intende, come stiamo constatando in questi mesi di guerra alle porte dell’Europa. Russia, Ucraina e altri paesi che indirettamente partecipano al conflitto stanno combattendo ogni giorno sui mezzi di comunicazione e sulle reti sociali per tessere in loro favore l’arazzo con il quale interpretiamo questo momento storico.

Un evento tanto tragico ci sta ricordando che le battaglie non si combattono soltanto con le armi, ma anche con le parole e con le immagini. Con le armi si conquista o si perde un pezzo di terra; con le storie, si vince o si perde il favore dell’opinione pubblica. Dopo che Zelens’kyj era riuscito a strappare un applauso al Parlamento Europeo, un giornale titolava così: “Anche se perde la guerra, il presidente ucraino ha vinto”, un paradosso che dimostra che il conflitto si gioca su diversi scenari allo stesso tempo.

Questi sono alcuni elementi della narrazione bellica attuale: il vestito da soldato che indossa Zelens’kyj lo aiuta a incarnare la resistenza che vive il suo paese; i racconti dei soldati russi che parlano con le loro madri toglie fierezza al temuto esercito rosso; i contadini ucraini che trascinano carri armati con i loro trattori danno umanità al popolo di “Davide” che combatte contro Golia… Perfino il vocabolario usato da ogni schieramento è scelto appositamente per raccontare una storia diversa: per i russi, si tratta di “un’operazione speciale” realizzata con una “precisione chirurgica”; per gli ucraini, invece, è una “guerra” fatta di bombardamenti “indiscriminati e crudeli”.

In questo e in tanti altri scenari dell’opinione pubblica, non si combatte soltanto per la libertà, ma anche per la verità, vittima frequente di questi conflitti.

Siamo le storie che indossiamo. Ora servono tessitori di pace.

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