Italia in prosa

«Si fa campagna in poesia. Si governa in prosa». È una frase di Mario Cuomo, famoso politico che per anni è stato governatore dello Stato di New York. Ricorda che la comunicazione è uno strumento fondamentale nella politica, ma che ammette registri diversi a seconda del momento.

Se Cuomo ha ragione, in questo periodo ascolteremo tanta poesia: i candidati proveranno a convincerci con le loro proposte, risveglieranno le nostre paure e ci faranno credere che un altro Paese è possibile. Le loro proposte riempiranno titoli di giornali, reti sociali, telegiornali e piazze. Vorranno suscitare in noi la rabbia o l’entusiasmo, perché in una democrazia stanca serve agitare le emozioni per trasmettere alla gente almeno la forza necessaria per votare.

È possibile comunicare entusiasmo e fiducia a un elettorato apatico? Già nel IV secolo avanti Cristo, Aristotele si chiede cosa dovrebbe fare l’oratore per risultare attraente a chi lo ascolta. Il primo componente dell’affidabilità è l’integrità: il linguaggio delle azioni deve accompagnare il linguaggio delle parole. Pochi giorni fa, dopo che diverse voci del governo francese avevano incoraggiato fortemente i cittadini a diminuire l’uso personale dell’energia per ridurre la dipendenza dalla Russia, è stato pubblicato online un video di tutte le macchine dei ministri che aspettavano con i motori accesi per ore con l’unico scopo di mantenere l’interno fresco grazie all’aria condizionata. Non proprio un risparmio esemplare.

Il secondo elemento per risultare credibili è la capacità. Draghi era arrivato al governo con questa bandiera: in Europa aveva dimostrato di essere un gestore capace. Invece, chi arriva all’inizio della vita pubblica senza aver dimostrato la propria capacità in lavori diversi da quelli propri dell’ecosistema politico, tende a sostituire questa mancanza con un uso molto efficace delle parole e con giocoleria populista. L’ex governatore di New York direbbe che forse sono grandi poeti, ma che fanno fatica con la prosa.

L’ultimo ingrediente è la benevolenza, vale a dire dimostrare che si vuole il bene dell’altro. Il grande nemico della benevolenza sono le bugie, perché tolgono ogni valore alle promesse fatte. Ad esempio, di recente il governo inglese si è dovuto dimettere dopo aver mentito ai cittadini, visto che è stato dimostrato che, nel peggior momento del coronavirus, avevano organizzato delle feste al numero 10 di Downing Street. Si può credere nelle promesse di un governo che mente? Purtroppo, nelle campagne politiche si cerca più l’effetto delle promesse che la noiosa verità, e bisogna perciò essere attenti alle menzogne.

«Si fa campagna in poesia. Si governa in prosa». Speriamo che le prossime settimane di poesia e di discorsi fatti di terzine incatenate siano soltanto il proemio di una prosa feconda ed efficace che dia all’Italia la serenità di cui ha bisogno per le sfide – non piccole – che ci aspettano nei prossimi anni.

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